Fino a qualche tempo fa gli avvocati – proprio come tante altre categorie di liberi professionisti – non avevano l’autorizzazione legale a promuovere la propria attività , né sui tradizionali mezzi di informazione e pubblicità, né sui canali del mondo digital.
Questo divieto era strettamente legato soprattutto ad un problema socio-culturale e derivante essenzialmente da una visione arcaica della professione e del ruolo sociale dell’avvocato.
In un passato neanche troppo lontano, infatti l’avvocato che si “auto-promuoveva” non era ben visto dai colleghi e – più in generale – dalla categoria. Promuovere la propria professionalità e la propria attività attraverso i normali canali pubblicitari significava – secondo alcuni – svenderla e svilirla. In sostanza, la categoria degli avvocati era talmente elevata intellettualmente che non poteva abbassarsi a farsi pubblicità .
Chi contravveniva a questo divieto – magari avvocati che non appartenevano ad alcuno studio legale associato di pregio e che, quindi, facevano pubblicità inviando delle lettere cartacee a potenziali clienti - veniva fortemente osteggiato dal Consiglio Nazionale Forense, che considerava questo modo di porsi e promuoversi addirittura “privo di dignità”.
Tuttavia, con il passare del tempo e l’evoluzione della professione, è cambiato anche l’atteggiamento dell’ordinamento professionale italiano , che - da una totale chiusura verso qualsiasi forma di promozione - è passato ad un’apertura, indicando tutte le informazioni e i dettagli che l’avvocato poteva fornire ai potenziali clienti circa l’esercizio della propria professione.
Da allora si sono fatti passi in avanti, ma anche diversi passi indietro, in cui l’ordine nazionale è tornato più volte sulle sue decisioni , vietando agli avvocati di esplicitare – ad esempio - i prezzi delle singole prestazioni.
Secondo la legge attuale, invece, anche gli avvocati possono farsi pubblicità su internet. Dal 2007, infatti, è possibile - per tutti gli ordini professionali – promuovere la propria attività, sia offline che online. Con alcuni limiti. Vediamo allora quali sono e cosa prevedono esattamente.
Ad esempio, si tratta di pubblicità vietata quando si fa riferimento alla persona - e non all’avvocato professionista - e quando si fa uso di dati equivoci e maliziosi.
Inoltre, la legge che regolamenta l’attività pubblicitaria sul web condanna e vieta l’ostentazione dei propri meriti perché viola di fatto i principi di decoro e la dignità della professione.
Tra gli altri punti che regolamentano la pubblicità per c’è il divieto di scrivere e diffondere informazioni riconducibili a pubblicità comparativa , soprattutto se si fa riferimento ad altri studi legali in modo dispregiativo.
Infine, la pubblicità per un avvocato o per lo studio d’avvocatura o – o del singolo avvocato - non può in alcun modo fare leva sui prezzi.
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